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La voce può essere la password più sicura di tutte?

S25072018.jpgLe password hanno i giorni contati, lo diciamo da tempo. È così per la chiave di accesso da ricordarci, ma anche nuove forme di autenticazione, come le impronte digitali o il riconoscimento facciale, potrebbero presto essere messe da parte a favore di un meccanismo più sicuro e alla portata di tutti: la nostra voce. Sebbene il fingerprint sia presente su molti smartphone, gli apparecchi che permettono un riconoscimento davvero accurato sono al momento costosi e non alla portata di tutti; lo stesso vale per il riconoscimento del volto: per essere valida, c’è bisogno di un’elevata qualità di visualizzazione, in questo momento difficilmente accessibile.

La biometria vocale, al contrario, è molto più complessa da replicare ed è è fruibile da qualsiasi telefono, non solo da smartphone di fascia alta, visto che il tradizionale canale telefonico trasporta un audio di altissima qualità. Immagina di contattare il servizio clienti della tua banca e, invece di perdere tempo tra sms e codici di sicurezza, basta rispondere ad un paio di domande per avere la certezza di essere autenticato con successo.

Per questo abbiamo incontrato Piergiorgio Vittori, Country Manager italiano di Spitch, società di consulenza svizzera con presenza globale, specializzata nelle tecnologie vocali e nell’analisi del linguaggio parlato, per capire insieme a lui perché la biometria vocale rappresenta il futuro di identità e autenticazione digitale.

Perché la biometria vocale è la più sicura modalità di autenticazione?

“Perché la voce è uno strumento unico e irripetibile, come un’impronta digitale. La nostra capacità di addestrare le reti neurali identifica in una voce più di 70 parametri, che consentono di stabilire la corrispondenza con l’’impronta vocale’ inserita nell’archivio. Per autenticarsi la prima volta e poi farsi riconoscere basta un qualsiasi apparecchio telefonico, questo canale ci assicura una qualità sufficientemente alta, garantendo insieme la massima sicurezza”.

In quali ambiti può essere utile?

“Un esempio può essere il servizio clienti di una banca, in cui il sistema mi riconosce in chiamata e verifica la mia identità: è un servizio in più che viene offerto in maniera personalizzata, e che fa risparmiare tempo e denaro all’istituto di credito e a noi clienti. Normalmente servono 40-50 secondi per le vecchie procedure di sicurezza, ma la biometria vocale fa scendere i tempi intorno ai 10 secondi; così la telefonata è più veloce, sicura ed economica”.

Ma come funziona?

“La prima volta devi registrare l’impronta vocale, semplicemente parlando in modo naturale, per creare nell’archivio il set di dati e algoritmi che serviranno poi a riconoscerti. Le volte successive si tratterà quindi semplicemente di verificare l’identità ascoltando pochi secondi di conversazione, attraverso un procedimento rapido e sicuro”.

Quante sono le probabilità che il sistema commetta un errore?

“Per evitarlo, decidiamo prima come allargare o stringere le maglie della sicurezza. Ad esempio, nel caso di una banca, il livello di protezione si alzerà a seconda dell’importanza della richiesta, aggiungendo la possibilità di rivolgersi all’operatore in caso di non riconoscimento. Se volessi un’informazione semplice, tipo saldo del conto corrente, posso decidere di impostare un’accuratezza leggermente inferiore per evitare di essere respinto; nel caso invece di ordini di pagamento, si decide per il livello massimo di corrispondenza, in modo da impedire l’accesso agli impostori”.

E se venissi rapito e mi costringessero a chiamare la banca per avere accesso al conto?

“Il sistema è in grado di riconoscere il cambiamento della voce in condizioni di stress – dalla velocità delle parole o dalla mancanza di fiato – e capisce che qualcosa non va, per cui attiva un meccanismo di protezione che cerca di tutelare te e il conto corrente, ad esempio passando la chiamata a un operatore che richiede altri particolari, o con una voce automatica che chiude il collegamento e consiglia di recarsi in una filiale”.

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