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spitch news TAB magazine.jpgSi dice che nel mondo del lavoro, dopo il dramma del coronavirus, ben poco sarà più come prima. E non solo perché è impensabile immaginare il ritorno agli uffici affollati tutti i giorni, ai treni di pendolari stracolmi, alle auto ferme nel traffico nelle ora di punta: sembra infatti scontato che lo smart working non tornerà "nei ranghi" quando l'incubo-Covid sarà archiviato, ma resterà protagonista - vedremo in quali termini. E questo nonostante uno scontato, estremo tentativo di restaurazione da parte dei novelli imitatori del mitico Hiroo Onoda.

Ma c'è di più. Molte altre attività e abitudini sono state infatti trasformate dal ciclone che si è abbattuto sul mondo. Con una conseguenza: varie innovazioni di processo, pronte da molti anni ma mai realizzate, sono ora diventate imprescindibili.

Tra queste operazioni, c'è anche la riorganizzazione dei vecchi call centre, che in un mondo costretto a ridurre (temporameamente, si spera) le relazioni interpersonali "faccia a faccia" si sono rivelati inadeguati. Le lunghe attese al telefono o gli interminabili percorsi "a ostacoli" con ripetute opzioni numeriche, cancelletti e asterischi, che a volte terminano in un deprimente cul-de-sac, hanno dimostrato tutta la loro obsolescenza: i modelli vecchi sopravvissuti alle rivoluzioni tecnologiche si sono a un tratto rivelati ostacoli quasi insormontabili. E dovranno presto essere superati, daro che i clienti basano la loro scelta anche sulla qualità del servizio.

Che cosa dovremo aspettarci dal futuro? Tab Magazine ne ha parlato con Piergiorgio Vittori, global development director e country manager Italy, e Giovanni Mannarino, director of sales and consultancy di Spitch - azienda nata a Zurigo a fine 2014, attiva dal 2016 con una sede a Milano e specializzata in tecnologie proprie di automazione, riconoscimento vocale, contatto cliente-operatore e biometria vocale, soprattutto per i call centre e i chioschi Atm. Ed ecco che cosa ci hanno detto.

Domanda: Partiamo dal periodo pre-Covid. Qual era la situazione dei call centre di nuova generazione nel mondo finanziario e assicurativo? Chi era più avanti? E chi più indietro?

Vittori. Possiamo dire, senza voler generalizzare, che realtà come Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti erano più avanti. Mentre l'Unione Europea era più lenta nell'approccio a queste tecnologie. Prima del coronavirus, avere un call centre moderno era percepito come qualcosa di bello, ma non necessario. Il Covid ha obbligato tutti a un ripensamento. Anche se ci sono parecchie resistenze in proposito.

Domanda. Quali?

Vittori. Da un lato, l'esigenza di modernizzarsi è chiara: si è compreso che non si può più rimandare. D'altro lato, però, ci sono i problemi di budget, che in questo periodo sono spesso pressanti. Insomma, questi investimenti sono ormai ritenuti necessari, ma l'attenzione verso i costi provoca una maggior attenzione agli investimenti.

Domanda. Ancora una volta, è questione di soldi...

Giovanni Mannarino. Sì, ma non solo. Oltre al controllo del budget c'è un'altra ragione che ha visto i vecchi sistemi resistere fino a oggi: l'accesso ad alberatura rende più facile bloccare e rallentare il volume di telefonate.

Domanda. Dura cambiare una mentalità di questo tipo. Forse, ancora più difficile che convincere le imprese a spendere.

Mannarino. Bisogna avere il coraggio di analizzare la propria cultura d'azienda. Questa operazione porta spesso a mettere in luce problemi organizzativi. Poi, una volta evidenziati questi ostacoli, occorre eliminarli. Ed è questa l'operazione più difficile.

Domanda. Come si usa dire, trovare la quadra è difficile...

Vittori. Alla fine penso che i settori saranno comunque costretti ad abbracciare l'innovazione. Perché la partita si gioca anche sul servizio. Per esempio, molti correntisti stanno cambiando banca di riferimento perché l'assistenza non è efficiente come vorrebbero.

Domanda. Il che costerebbe di più che modermizzare i call centre...

Viittori. Proprio così. Oggi il cliente vuole essere al centro - anzi, lo pretende. Vuole l'accesso virtuale omnicanale in filiale, anche tramite messaggi di testo, siti, social media.

Domanda. Come sono messi i settori bancario e assicurativo?

Mannarino. Attualmente il mercato bancario è trainante: ha già tirato il gruppo nell'innovazione dei customer care. Il mondo assicurativo è invece in ristrutturazione. C'è chi è già arrivato a identificare soluzioni, chi ha creato spin off, chi tende a partire con un approccio customer care. E poi c'è chi inizia ora – e chi lo fa, di solito parte full digital.

Domanda. Quanto ci vorrà per sostituire i call centre ad alberatura con soluzioni più pratiche?

Mannarino. Uno o due anni. La necessità sarebbe più urgente, ma non ci sono le condizioni per intervenire prima.

Domanda. Per le questioni che abbiamo già approfondito?

Mannarino. Non solo. C'è anche il nodo sicurezza, che deve essere comunque affrontato. Anche e soprattutto per le grandi società, che hanno gran parte della tecnologia al loro interno e on premise.

Domanda. Di cloud neanche a parlarne?

Vittori. Banche e assicurazioni, su alcune cose, sono più possibiliste sul cloud. Ma quando si ha a che fare con dati personali e confidenziali del clienti, come l'impronta vocale, si preferisce mantenere tutto all'interno. O, nel caso delle piccole banche, dall'outsourcer di fiducia che comunque ha una lunga esperienza nel gestire i processi in full.

Domanda. Come la mettiamo con i meno giovani? Molti non utilizzano le nuove tecnologie.

Vittori. Può essere in gran parte vero a livello consumer, ma non di servizio. Se il call centre funziona con il riconoscimento vocale, la macchina fa il suo lavoro: la persona all'altro capo del telefono non è chiamata a utilizzare attivamente una nuova tecnologia, ma semplicemente si trova davanti un servizio già confezionato e, solitamente, facile da usare. In più, il linguaggio naturale aiuta ad abbattere la barriera di diffidenza, sicuramente di più che le strutture ad alberatura.